La cláirseach o, secondo l'ortografia semplificata, clarsach (in entrambi i casi si pronuncia clarshah), è un'arpa nota dall' XI in Irlanda e Scozia. Rispetto alle arpe continentali coeve, ovvero l'arpa romanica, gotica e in seguito rinascimentale, ha tre differenze sostanziali: è montata con corde di metallo anziché di budello, e a causa di questo ha una struttura molto più pesante rispetto alle arpe continentali, perché le corde metalliche esercitano una trazione molto maggiore sulla mensola rispetto a quelle di budello o, oggigiorno, a quelle di nylon. Tradizionalmente, era realizzata a partire da un tronco di legno di salice che veniva messo a stagionare nella torba e in seguito scavato, anziché assemblato, per crearne la cassa armonica.
La terza differenza riguarda l'arpista e deriva sempre dal materiale delle corde: per dare un suono adeguato alle corde di metallo, è necessario suonare con le unghie, e fare in modo che siano più dure possibile, per la brillantezza del suono. La lunghezza delle unghie è soggettiva, ed in ogni caso, non temete, si autoregoleranno consumandosi mentre si suona. Esistono testimonianze riguardo alle unghie dei suonatori di cláirseach principalmente dal resoconto di Edward Bunting sul festival indetto nel luglio 1792 a Belfast. Non è impossibile suonare la cláirseach con i polpastrelli, ma concordo con molti esperti di questo strumento nel dire che sia per lo meno uno spreco una diminuzione delle sue potenzialità.
Il bello di questo strumento, infatti, il dono prezioso che ripaga di tutte le pene e difficoltà che procura, sono infatti le sue vibrazioni, che sono intense e persistenti. La loro intensità può arrivare addirittura, si dice, ad avere effetti terapeutici o psicotropi su dei soggetti predisposti. Se avete testimonianze a riguardo, sarò felice di leggerle nei vostri commenti.
Quando si suona quest'arpa per eseguire delle melodie, queste vibrazioni possono tuttavia rivelarsi un po' confusionarie. È per questo che la cosa principale da imparare quando si suona la cláirseach è la smorzatura. Si smorzano gli accordi o occasionalmente le note della melodia con il taglio della mano o con i polpastrelli per permettere alle note che seguiranno di essere distinte da quelle precedenti. D'altro canto, l'accompagnamento va studiato secondo le caratteristiche dell'arpa, e cioé limitato per lo più a note singole o bicordi secondo lo stile delle epoche in cui quest'arpa era in uso, ma in ogni caso si sconsiglia di seguire in arpeggi elaborati di stile romantico che si trovano nella maggior parte degli spartiti per arpa, perché l'effetto che ne risulterebbe sarebbe inappropriato.
L'esistenza di quest'arpa ci è nota anche dai poemi epici: sul continente, il ciclo arturiano conta almeno due arpisti celebri: Merlino e Tristano. Le loro arpe sono degli strumenti per compiere le loro imprese, ad esempio Merlino crea il cerchio di pietre di Stonehenge semplicemente suonando una melodia magica con la sua arpa, che fa prendere il volo a tutte le pietre necessarie, per farle in seguito atterrare nella disposizione da lui richiesta nella piana di Sailsbury (questo mito, con nomi non definiti, è stato molto diffuso in Bretagna e da lì in tutte le corti medievali frequentate dai trovatori, e per questo motivo lo cito tra le fonti mitologiche continentali). Tristano invece porta con sé solo la sua arpa quando, avvelenato dal Morholt, si crede arrivato alla fine della sua vita e si imbarca su una barca senza remi sui flutti del mare. Secondo la leggenda, sarebbe in tale occasione che avrebbe composto il Lamento di Tristano, uno dei più antichi e conosciuti brani per arpa medievale, che tuttavia... è di origine italiana.
In Irlanda a suonare arpe magiche sono addirittura gli dèi: Dagda e Lugh. Nel racconto mitologico della seconda battaglia di Mag Tuiread (Cath dédenach Maige Tuired, ovvero “La seconda battaglia del campo dei pilastri”, manoscritto del XVI° secolo, ma riferibile a un originale perduto dell'XI°), Dagda, a cui i Fomori hanno rubato la preziosa arpa magica, la chiama per il suo nome evocandone le tre melodie per i loro nomi:
“che venga Daurblada,
che venga Coir – Cethar- Cuir
bocche di arpe e mantici e cornamuse”
Sentendosi chiamare dal suo legittimo proprietario, l'arpa si stacca dalla parete a cui era stata appesa e, mentre attraversa la sala, decapita nove nemici.
Amo particolarmente questo passo perché mi permette di smentire l'immagine di femminea fragilità romantica che ha in questi ultimi due secoli afflitto l'arpa. No: l'arpa era, per gli Irlandesi, uno strumento da portare in battaglia, ed è con quest'ottica che coltivo le mie arpe dal carattere allo stesso tempo dolce ed irascibile.
Quanto a Lugh, sempre nel racconto mitologico della Battaglia di Mag Tuiread, si presentò a Tara alla corte dell'Ard Righ ( re supremo) Nuada, che ammetteva solo persone capaci in qualche arte. Lugh si proclamò dapprima carpentiere, ma gli fu risposto dal portiere che avevano già Luchtai, che era eccellente. Si proclamò allora fabbro, e gli fu risposto ancora una volta che erano già soddisfatti delle capacità di Colum “dai tre metodi”. Allora si presentò come arpista, e ancora gli fu risposto che avevano già tra di loro Abcan, figlio di Bicelmos, che veniva dagli Sidhe. Ma Lugh affermò allora che se avessero trovato nella loro corte un uomo che eccellesse in tutte e tre le arti, si sarebbe ritirato. E fu così che il dio fu ammesso alla corte dell'Ard Righ.
Nello stesso passaggio, si parla delle tre melodie magiche che un arpista doveva saper padroneggiare: Goltraige, la melodia del pianto, Geantraige, la melodia del riso, e Suantraige, la melodia del sonno. Questi sono anche i nomi dei tre arpisti impiegati al servizio di re Fraech.
Molti altri riferimenti all'arpa si trovano nella mitologia, non solo celtica, ma anche, in misura minore, di altre culture. Mi limito qui a ricordare la creazione della kantele ( piccola arpa a corde di metallo della tradizione finlandese) da parte dell'intrepido Väinämöinen, semidio della poesia e del canto, che ci ricorda per certi aspetti l'invenzione della lira da parte di Apollo. L'arpa è legata in qualche modo al regno dei morti, e al cigno, che nella mitologia celtica è l'animale psicopompo. Nella mitologia scandinava il suono dell'arpa apre le porte alle anime dei defunti verso il regno di Hel (Oltre-tomba per le persone comuni, distinto dal Valhalla che spettava solo ai guerrieri morti con le armi in pugno).
Sappiamo che l'arpa cosiddetta celtica non è la più antica del mondo: l'arpa è citata più volte nella Bibbia (la famosa arpa del re David, ad esempio), ne conosciamo degli esemplari di grande pregio di epoca assiro-babilonese, abbiamo statuette cicladiche in pietra o in bronzo che raffigurano arpisti con i loro strumenti triangolari che posano sulle ginocchia. Anche nell'antica Grecia l'arpa esisteva come variante esotica, orientale, della lira (come dimostra il cratere a figure rosse che ho fotografato al Museo Archeologico di Milano).
Quel che ci interessa della cláirseach è che una serie di situazioni storiche l'hanno fatta sopravvivere più o meno fino ai giorni nostri, con varie manovre recenti per la sua salvaguardia. L'Irlanda e la Scozia hanno un carattere conservatore e protettivo verso le proprie tradizioni, com'è tipico delle isole, e la continua lotta con la colonizzazione inglese ha esacerbato il desiderio di mantenere in vita i propri caratteri distintivi. Ora, l'arpa era uno dei caratteri distintivi più prestigiosi nella civiltà celtica: un buon capotribù si distingueva per la quantità e la qualità di bardi che soggiornavano sotto il suo tetto, e a un buon re o signore doveva possedere una o più arpe nella propria casa. Nel corpus di leggi del re gallese Howel il Buono (X°secolo), possiamo leggere “Un barone deve avere prima di tutto la sua arpa, il suo mantello e la sua scacchiera”, ma esiste anche il proverbio: “Ogni Bretone deve avere una moglie virtuosa e un'arpa ben accordata”.
L'arpa, possiamo già concludere da questi brevi accenni, si situa in un contesto signorile, è un simbolo di prestigio, anche in virtù del materiale che ne costituisce le corde. In ambito occidentale e cristiano, l'arpa è strumento angelico per eccellenza, contrapposta ai diabolici flauti, vielle e tamburi.
Oggigiorno si cerca di sdoganare questo strumento dalle sue origini aristocratiche e sacre, ma questo impone vari aggiustamenti tecnici: la cláirseach è uno strumento che presenta un peso elevato (a causa dell'uso di legni molto densi per i motivi sopra citati di tensione delle corde) ma ha anche una cassa armonica a volte piuttosto ridotta, e questo significa che il suono che ne uscirà non sarà forte. Inoltre, lo dico per esperienza, trasportare questo tipo di arpe richiede una serie di attenzioni alla temperatura e all'igrometria dei luoghi, un tempo di adattamento e una cura estrema ad evitare sbalzi di temperatura: se non si rispettano questi accorgimenti, nel migliore dei casi si suonerà su un'arpa che resterà ostinatamente scordata, o si passerà metà del concerto ad accordarla (le barzellette fioriscono a questo riguardo). Nel peggiore dei casi, ci possono essere esplosioni ed altri effetti speciali a cui ho assistito, atterrita, con i miei stessi occhi.
Con questo non intendo dissuadervi dal vostro sogno di possedere e suonare questo strumento, desidero solo mettervi in guardia sul fatto che, se, come feci io nella mia adolescenza, volete percorrere l'Europa in Interrail, suonare sotto la neve, in alta montagna e poi in una sala ben riscaldata davanti a un camino acceso, forse è meglio prevedere delle ore di adattamento e di accordatura indefessa tra uno spostamento e l'altro.
Oggigiorno, tuttavia, esistono arpe a corde di metallo amplificabili e, trovo, sempre più stabili nell'accordatura. Posso citare le due arpe gemelle realizzate dal compianto e geniale liutaio tedesco Franck Sievert per Myrdhin e per Jochen Vogel: sono riproduzioni di un'arpa barocca irlandese, la “Sirr”, ma sono dotate di leve per i semitoni e di un pickup per l'amplificazione. Solitamente, però, le arpe a corde di metallo realizzate dai liutai non hanno le leve per i semitoni, per il motivo seguente: le corde di metallo, piegate dal sistema delle leve, si deformano e difficilmente si potrà avere un suono corrispondente a un semitono esatto. Buona parte dei liutai preferiscono quindi non fornire questa opzione e mantenersi più fedeli alle arpe storiche.
Infatti, nella musica tradizionale irlandese, si suonava in Do o in Sol, e nelle loro relative minori. Per poter usufruire di entrambe le tonalità senza dover riaccordare i fa, si usava l'accorgimento di accordare il fa diesis della terza ottava, ma di eliminare il fa nell'ottava più grave, in modo da poter suonare in entrambe le tonalità senza rischiare sgradevoli dissonanze. Un'altra particolarità dell'accordatura originaria è la presenza delle Sorelle, ovvero di due corde accordate all'unisono (si tratta dei sol) su ogni ottava. È stato ipotizzato che questo accorgimento permettesse ai bardi irlandesi ciechi di avere un punto di riferimento (era tradizione insegnare l'arpa ai ragazzini ciechi e mandarli di corte in corte ad offrire i propri servigi, considerando che la musica fosse l'unico mestiere che si potesse esercitare senza bisogno della vista). Io avanzerei anche l'ipotesi che un doppio sol permetta di eseguire più facilmente le terzine, ornamentazione tipica della musica irlandese, suonando le due corde con due dita diverse e poi ritornando su una delle due.
Spero con questo breve articolo di aver potuto gettar luce sugli aspetti generali della cláirseach, antenanta dell'arpa celtica attuale, e di avervi invitati a saperne di più.
Siamo in pochi a suonarla: in Italia posso citare Stefano Corsi, Mario Lipparini e all'occorrenza i celebri Vincenzo Zitello e Adriano Sangineto. Tra le donne, siamo ancora più rare. A parte la sottoscritta, sono a conoscenza solo di Daniela Battisti, ma non chiedo di meglio che di poter integrare a questa breve lista tutte le colleghe che avrò per ignoranza tralasciato.
In Bretagna, il lavoro di Violaine Mayor, da un punto di vista filologico, e di Myrdhin, e da un punto di vista creativo, e più recentemente, a cavallo tra filologia e creatività, di Dimitri Boeckhorn, hanno risvegliato quest'arpa dall'abbandono.
Cito anche la compianta Cathrien Delavier, arpista francese che ha realizzato una ricostruzione eccellente delle musiche barocche per clarsach.
In Irlanda e in Scozia, esistono scuole e un'associazione, The Clarsach society, che vi invito a scoprire, e il lavoro, eminentemente filologico, di Siobhan Armstrong, di Bill Taylor di Simon Chadwick e dell'americana Ann Heyman.
In Germania, questo strumento sembra contare altrettanti adepti, tra cui Rudiger Oppermann, Jochen Vogel, Stefan Battige e il giovane Jonny Robels.
FONTI :
https://www.clairseach.com/ Ann Heyman
Articoli di Myrdhin in «Anthologie de la harpe: La Harpe des Celtes»
«L'arpa celtica» di Hal Belson, ed. Terre di Mezzo
«Tree of strings, a history of the harp in Scotland» di Keith Sanger e Alison Kinnaird
Quando mi chiedono cosa faccio nella vita, mi trovo spesso in imbarazzo: per riassumere, potrei dire che ho consacrato tutta la mia vita a cercare ed offrire bellezza - quella piccola inezia così fondamentale per la salute psicofisica di qualsiasi essere vivente – per la mia sopravvivenza e quella di chi, come me, ha un bisogno vitale di armonia e creatività, e mi ritengo onorata di essermi trovata in questi panni - vieppiù variopinti.